La recente normativa sulle “plusvalenze Superbonus” (lett. b-bis dell’art. 67 del “TUIR”) ha attratto a tassazione quali “redditi diversi
”, con effetto dall’1 gennaio 2024, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di immobili in relazione ai quali il cedente o altri aventi diritto (ad es.: inquilini, comodatari, familiare convivente) abbiano eseguito interventi agevolati con il Superbonus (non rilevanti a questo fine risultano, quindi, gli altri bonus “minori”, come l’ecobonus, il sismabonus, il bonus facciate, il bonus per il recupero edilizio o per il superamento delle barriere architettoniche), e solo qualora si siano conclusi da non più di dieci anni alla data dell’atto di cessione.
La disposizione esclude, però, da questa nuova imposizione gli immobili acquisiti per successione (da qui il quesito oggetto dell’interpello oggetto della risposta n. 208/2024) e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti la cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo.
A sua volta, l’art. 68, comma 1, del “TUIR”, con riferimento alle modalità di calcolo della plusvalenza imponibile in questa nuova fattispecie - a fronte della “premessa” secondo cui tutte le plusvalenze da cessioni immobiliari (ossia, non solo quelle della lett. b-bis, ma anche quelle “tradizionali” delle lett. a) e b) del comma 1 dell’art. 67) sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene - per gli immobili alle lett. b) e b-bis) del comma 1 dell’art. 67 acquisiti per donazione precisa che si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.
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